Vita e comportamento delle formiche tagliafoglie
Formica tagliafoglie (Atta cephalotes) - Roy Toft - National Geographic
Le colonie di formiche presentano un interesse enorme per gli scienziati. Le possibilità estreme dell’evoluzione del superorganismo si trovano forse espresse nel modo migliore nelle spettacolari formiche tagliafoglie del genere Atta, del quale si conoscono 15 specie, tutte circoscritte al Nuovo Mondo. Assieme al genere Acromyrmex le specie di Atta sono gli unici animali capaci di coltivare funghi su vegetazione fresca portata nei nidi: sono autentici agricoltori, la cui messe consiste di «funghi» che sono in realtà masse di ife filamentose simili alla muffa del pane. Banchettando con questa insolita vivanda, le colonie raggiungono dimensioni immense: fino a milioni di operaie, nella maturità. Varie specie, incluse le famigerate Atta cephalotes e Atta sexdens, costituiscono gli insetti più nocivi dell’America centrale e meridionale, ma sono anche tra gli elementi chiave degli ecosistemi: infatti rimuovono e aerano grandi masse di suolo nelle foreste e nelle praterie, e mettono in circolo nutrienti essenziali per la vita di altri organismi.
L’agricoltura delle tagliafoglie si regge su una serie di piccoli passaggi che hanno luogo nelle camere sotterranee. Per trasmettere questa tecnica da una generazione all’altra, tutte le specie sembrano seguire lo stesso ciclo vitale di base, che comincia con i voli nuziali. Sbattendo con violenza le ali, le pesanti regine vergini si sollevano con fatica in aria, dove si incontrano e si accoppiano in successione con cinque o più maschi. Ciascuna regina riceve, quando è ancora in volo, milioni di spermatozoi e li conserva nella propria spermateca. Lì possono rimanere inattivi anche per 14 anni, la durata massima della vita per le regine. Per fecondare le uova che scivolano giù all’esterno essi verranno rilasciati uno a uno.
Durante la sua esistenza, una regina di tagliafoglie può produrre fino a 150 milioni di figlie, la grande maggioranza delle quali è costituita da operaie. Quando la colonia raggiunge la maturità, alcune di queste femmine non si sviluppano in operaie ma in regine, ciascuna in grado di fondare da sé nuove colonie; altri componenti della progenie si sviluppano da uova non fecondate per diventare effimeri maschi. Tutto questo prodigio comincia quando la regina neofecondata pone le basi del nuovo nido e alleva il suo primo gruppo di operaie. Essa scende al suolo e si stacca le quattro ali alla base, poi scava nel suolo una galleria verticale diretta in basso, del diametro di 12-15 millimetri. A circa 30 centimetri la allarga, per formare una camera larga 6 centimetri in cui si stabilisce per coltivare una nuova fungaia e allevare la propria covata.
Poco prima del volo nuziale, la regina stipa un batuffolo di ife filamentose all’interno di una tasca situata alla base della cavità boccale che poi rigurgita sul pavimento della camera. Non appena il giardino è avviato, depone anche le uova — da tre a sei.
Verso la fine della seconda settimana, quando sono presenti più di venti uova e la massa fungina si è decuplicata, la regina le riunisce. Sul finire del primo mese, la covata — che ora comprende uova, larve e le prime pupe — è racchiusa al centro di un tappeto di funghi proliferanti. Le prime operaie adulte emergono da 40 a 60 giorni dopo la deposizione delle prime uova, e per tutto questo periodo la regina coltiva da sé la fungaia. In questo periodo, essa dipende esclusivamente dall’energia ottenuta dal metabolismo dei muscoli alari e del tessuto adiposo contenuti nel suo corpo: giorno dopo giorno perde peso, costretta a una gara tra la morte per inedia e la produzione di una schiera di operaie adeguata a prolungare la sua esistenza. Quando le prime operaie fanno la loro comparsa, esse cominciano a nutrirsi del fungo. Dopo una settimana circa, si scavano un varco attraverso il condotto di ingresso che è ostruito e cominciano a foraggiare sul terreno, nelle immediate vicinanze del nido: portano dentro frammenti di foglie, li masticano per formare una poltiglia e li impastano nella fungaia. Pressappoco in questo periodo la regina cessa di occuparsi sia della prole sia del giardino e si trasforma in una macchina per deporre le uova per il resto della vita.
Ora la colonia è autosufficiente, con un’economia basata sulla raccolta di materiali all’esterno. All’inizio si espande piuttosto lentamente; durante il secondo e terzo anno, la sua crescita subisce una rapida accelerazione, per poi rallentare quando la colonia comincia a produrre regine e maschi alati che vengono liberati nei voli nuziali.
Le dimensioni finali delle colonie mature di tagliafoglie possono contare milioni di individui. Un nido scavato in Brasile comprendeva più di un migliaio di camere, le cui dimensioni variavano da quelle di un pugno a quelle di un pallone da calcio; 390 di queste camere erano occupate dalle fungaie e dalle formiche. Il terreno che le formiche avevano portato fuori e ammassato sulla superficie fu rimosso con una pala e misurato; risultò che aveva un volume di 22,7 metri cubi e pesava all’incirca 40 tonnellate. In termini umani la costruzione di uno di questi nidi equivale a quella della Grande Muraglia cinese. Le attività delle formiche tagliafoglie offrono uno spettacolo naturale tra i più imponenti, nelle aree tropicali del Nuovo Mondo.
L’agricoltura delle tagliafoglie si regge su una serie di piccoli passaggi che hanno luogo nelle camere sotterranee. Per trasmettere questa tecnica da una generazione all’altra, tutte le specie sembrano seguire lo stesso ciclo vitale di base, che comincia con i voli nuziali. Sbattendo con violenza le ali, le pesanti regine vergini si sollevano con fatica in aria, dove si incontrano e si accoppiano in successione con cinque o più maschi. Ciascuna regina riceve, quando è ancora in volo, milioni di spermatozoi e li conserva nella propria spermateca. Lì possono rimanere inattivi anche per 14 anni, la durata massima della vita per le regine. Per fecondare le uova che scivolano giù all’esterno essi verranno rilasciati uno a uno.
Durante la sua esistenza, una regina di tagliafoglie può produrre fino a 150 milioni di figlie, la grande maggioranza delle quali è costituita da operaie. Quando la colonia raggiunge la maturità, alcune di queste femmine non si sviluppano in operaie ma in regine, ciascuna in grado di fondare da sé nuove colonie; altri componenti della progenie si sviluppano da uova non fecondate per diventare effimeri maschi. Tutto questo prodigio comincia quando la regina neofecondata pone le basi del nuovo nido e alleva il suo primo gruppo di operaie. Essa scende al suolo e si stacca le quattro ali alla base, poi scava nel suolo una galleria verticale diretta in basso, del diametro di 12-15 millimetri. A circa 30 centimetri la allarga, per formare una camera larga 6 centimetri in cui si stabilisce per coltivare una nuova fungaia e allevare la propria covata.
Poco prima del volo nuziale, la regina stipa un batuffolo di ife filamentose all’interno di una tasca situata alla base della cavità boccale che poi rigurgita sul pavimento della camera. Non appena il giardino è avviato, depone anche le uova — da tre a sei.
Verso la fine della seconda settimana, quando sono presenti più di venti uova e la massa fungina si è decuplicata, la regina le riunisce. Sul finire del primo mese, la covata — che ora comprende uova, larve e le prime pupe — è racchiusa al centro di un tappeto di funghi proliferanti. Le prime operaie adulte emergono da 40 a 60 giorni dopo la deposizione delle prime uova, e per tutto questo periodo la regina coltiva da sé la fungaia. In questo periodo, essa dipende esclusivamente dall’energia ottenuta dal metabolismo dei muscoli alari e del tessuto adiposo contenuti nel suo corpo: giorno dopo giorno perde peso, costretta a una gara tra la morte per inedia e la produzione di una schiera di operaie adeguata a prolungare la sua esistenza. Quando le prime operaie fanno la loro comparsa, esse cominciano a nutrirsi del fungo. Dopo una settimana circa, si scavano un varco attraverso il condotto di ingresso che è ostruito e cominciano a foraggiare sul terreno, nelle immediate vicinanze del nido: portano dentro frammenti di foglie, li masticano per formare una poltiglia e li impastano nella fungaia. Pressappoco in questo periodo la regina cessa di occuparsi sia della prole sia del giardino e si trasforma in una macchina per deporre le uova per il resto della vita.
Ora la colonia è autosufficiente, con un’economia basata sulla raccolta di materiali all’esterno. All’inizio si espande piuttosto lentamente; durante il secondo e terzo anno, la sua crescita subisce una rapida accelerazione, per poi rallentare quando la colonia comincia a produrre regine e maschi alati che vengono liberati nei voli nuziali.
Le dimensioni finali delle colonie mature di tagliafoglie possono contare milioni di individui. Un nido scavato in Brasile comprendeva più di un migliaio di camere, le cui dimensioni variavano da quelle di un pugno a quelle di un pallone da calcio; 390 di queste camere erano occupate dalle fungaie e dalle formiche. Il terreno che le formiche avevano portato fuori e ammassato sulla superficie fu rimosso con una pala e misurato; risultò che aveva un volume di 22,7 metri cubi e pesava all’incirca 40 tonnellate. In termini umani la costruzione di uno di questi nidi equivale a quella della Grande Muraglia cinese. Le attività delle formiche tagliafoglie offrono uno spettacolo naturale tra i più imponenti, nelle aree tropicali del Nuovo Mondo.
I lavori di giardinaggio vengono compiuti per mezzo di una complessa catena di montaggio, in cui le foglie e i petali vengono trattati e il fungo coltivato in vari passaggi. Ciascuno di questi passaggi compete a una casta differente. Alla fine del percorso, le foraggiatrici lasciano cadere i pezzi di foglie sul pavimento di una camera, in modo che vengano raccolti da operaie di dimensioni un po’ più piccole, che li tagliano in frammenti larghi circa i millimetro. Nel giro di qualche minuto, formiche ancora più piccole assumono il comando, spezzettano e modellano i frammenti formandone delle pallottole umidicce, che inseriscono delicatamente in un cumulo di materiale simile. Questo ammasso — il giardino locale — è crivellato di canali sulla cui superficie ondulata cresce il fungo simbionte che costituisce, assieme alla linfa delle foglie, l’unico nutrimento delle formiche.
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Il fungo si allarga sull’impasto vegetale come la muffa del pane, affondando le proprie ife filamentose all’interno di questo materiale per digerire l’abbondante cellulosa e le proteine. Il ciclo di coltivazione del giardino procede. Formiche operaie ancora più piccole staccano le ife dalle aree di crescita meno densa e le sistemano sul substrato di impasto vegetale appena costruito. Infine, le operaie più piccole e numerose pattugliano gli strati di filamenti fungini: li sondano delicatamente con le antenne, ne puliscono la superficie leccandoli, staccano le spore e le ife di specie estranee di muffe. Di tanto in tanto, staccano qualche ciuffo di fungo e lo portano fuori per alimentare le compagne più grandi. L’economia di queste formiche è organizzata attorno a questa divisione del lavoro basata sulla taglia. Le operaie foraggiatrici (grandi all’incirca quanto una mosca domestica) possono tranciare le foglie, ma sono troppo voluminose per coltivare i quasi microscopici filamenti fungini. Le minuscole operaie giardiniere possono coltivare il fungo, ma sono troppo deboli per tagliare le foglie. Così queste formiche compongono una catena di montaggio, in cui ogni passo successivo è compiuto da operaie corrispondentemente più piccole — dalla raccolta dei pezzi di foglie all’esterno alla produzione dell’impasto di foglie e alla coltivazione dei funghi alimentari dentro il nido.
Infine, quando la popolazione raggiunge circa un centinaio di migliaia di individui, si aggiungono i primi soldati di taglia massima.
Da: Hölldobler e Wilson, Formiche, Adelphi 1997 |
Anche la difesa della colonia è organizzata in base alla taglia. Tra le operaie che si muovono in fretta si possono osservare alcuni soldati trecento volte più pesanti delle operaie giardiniere e con la testa larga 6 millimetri. Questi giganti utilizzano le affilate mandibole per tagliare a pezzi gli insetti nemici. Dai soldati giganti alle lillipuziane giardiniere, la colonia di tagliafoglie si espande fino alla completa maturità. Nel primo gruppo di operaie adulte, allevate dalla regina, non vi sono soldati o operaie foraggiatrici di grossa taglia; sono presenti solo le foraggiatrici più piccole, oltre alle operaie ancora più piccole necessarie per lavorare la vegetazione e coltivare i funghi. Quando poi la colonia prospera e la sua popolazione si accresce, la gamma di taglie delle operaie si amplia a includere forme sempre più grandi.
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Il genoma di Atta cephalotes, è stato completamente sequenziato. Il rapporto fra le formiche tagliafoglie ed il fungo che coltivano e di cui si nutrono è un rapporto simbiotico. Il fungo, coltivato dagli insetti in grandi gallerie sotterranee, restituisce alle formiche tagliafoglie le sostanze nutritive di cui esse hanno bisogno. Lo studio mostra che il genoma di A. cephalotes porta con sé i segni di questo stretto rapporto. Analizzando i 290 milioni di unità-base (nucleotidi) che compongono il codice genetico della formica, gli studiosi hanno scoperto l’assenza di alcuni geni normalmente presenti in altre specie. In particolare, le formiche tagliafoglie sarebbero prive di due enzimi fondamentali per la sintesi dell’aminoacido arginina; a quanto pare, le formiche non hanno bisogno di produrlo perché possono ottenerlo dal fungo che coltivano. Un’altra caratteristica che riflette la relazione simbiotica tra le due specie è il ridotto numero di serina proteasi nel genoma dell’insetto, un enzima che degrada le proteine per convertirle in aminoacidi semplici: anche in questo caso, la spiegazione si trova nei nutrienti offerti dal fungo, già parzialmente digeriti.
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