La Conquista della Terraferma
Nei quasi quattro miliardi di anni trascorsi da quando la vita è apparsa sulla Terra, l'evoluzione ha prodotto meravigliose metamorfosi. Una delle più spettacolari è quella che, a partire dai pesci, animali confinati agli ambienti acquatici e muniti di pinne, ha prodotto le creature terrestri con arti e dita: i tetrapodi. La sostituzione delle pinne con gli arti fu un passaggio fondamentale di questa trasformazione, ma non fu l'unico. Arrivando sulla terraferma, infatti, i tetrapodi si trovarono davanti a sfide mai affrontate prima, non si trattò semplicemente di sviluppare degli arti adatti a spostarsi, ma di conquistare un ambiente radicalmente diverso da quello acquatico, sviluppando nuovi modi di respirare, di percepire i suoni e di contrastare la forza di gravità.
Fino a una ventina di anni fa, gli scienziati non sapevano molto delle varie tappe che segnarono il passaggio dai pesci ai tetrapodi. Alla fine del XIX secolo il paleontologo americano Edward D. Cope aveva intuito che i tetrapodi si erano evoluti a partire da pesci con pinne carnose (i sarcopterigi) simili agli odierni dipnoi e al celacanto, ma all'epoca nessuno era stato in grado di trovare informazioni più dettagliate su questa trasformazione. Per di più, vi era grande disaccordo riguardo all'epoca a cui far risalire questi eventi, con stime che oscillavano dai 400 ai 350 milioni di anni fa, durante il periodo Devoniano. I reperti fossili relativi a quest'epoca erano scarsi, limitati in sostanza a un solo pesce, Eusthenopteron, e a un unico tetrapode, Ichthyostega, che era però già troppo evoluto per svelare qualcosa sulle proprie origini. Da allora però sono stati rinvenuti molti altri fossili relativi a questo periodo ed è anche aumentata la nostra comprensione di questo fondamentale capitolo della storia della vita.
Fino a una ventina di anni fa, gli scienziati non sapevano molto delle varie tappe che segnarono il passaggio dai pesci ai tetrapodi. Alla fine del XIX secolo il paleontologo americano Edward D. Cope aveva intuito che i tetrapodi si erano evoluti a partire da pesci con pinne carnose (i sarcopterigi) simili agli odierni dipnoi e al celacanto, ma all'epoca nessuno era stato in grado di trovare informazioni più dettagliate su questa trasformazione. Per di più, vi era grande disaccordo riguardo all'epoca a cui far risalire questi eventi, con stime che oscillavano dai 400 ai 350 milioni di anni fa, durante il periodo Devoniano. I reperti fossili relativi a quest'epoca erano scarsi, limitati in sostanza a un solo pesce, Eusthenopteron, e a un unico tetrapode, Ichthyostega, che era però già troppo evoluto per svelare qualcosa sulle proprie origini. Da allora però sono stati rinvenuti molti altri fossili relativi a questo periodo ed è anche aumentata la nostra comprensione di questo fondamentale capitolo della storia della vita.
Uno dei primi fossili da cui prese le mosse la moderna teoria sull'origine dei tetrapodi fu quello di una creatura chiamata Acanthostega, vissuta circa 360 milioni di anni fa nell'odierna Groenlandia orientale. Questo animale poteva essere l'anello intermedio tra i pesci e i tetrapodi, ma in realtà le sue caratteristiche ponevano nuovi interrogativi. Si trattava effettivamente di una creatura munita di arti, ma priva di tutti gli altri elementi necessari alla vita terrestre. La somiglianza con un pesce non indicava solo che gli arti di Acanthostega si
erano adattati per l'uso in acqua, ma anche che questa era la condizione ancestrale di tutti i tetrapodi, i nuovi fossili indicavano che essi avevano sviluppato queste caratteristiche già nell'acqua, e che solo in un secondo tempo le avevano utilizzate per spostarsi anche sulla terra.
Acanthostega occupò il posto d'onore di anello mancante tra i vertebrati terrestri e i loro antenati acquatici. Ma c'era una caratteristica di questa creatura che non ricordava né i tetrapodi né i pesci: ognuno dei suoi arti terminava con un piede munito di otto dita, invece che cinque; le scoperte nel campo della biologia dello sviluppo hanno aiutato a risolvere in parte questi misteri, ma rimane da determinare come il piede a cinque dita si sia potuto evolvere da quello a otto dita di Acanthostega.
Uno dei ritrovamenti più spettacolari di tetrapodi fossili fu quello di Ventastega, un genere del tardo Devoniano proveniente dalla Lettonia.
erano adattati per l'uso in acqua, ma anche che questa era la condizione ancestrale di tutti i tetrapodi, i nuovi fossili indicavano che essi avevano sviluppato queste caratteristiche già nell'acqua, e che solo in un secondo tempo le avevano utilizzate per spostarsi anche sulla terra.
Acanthostega occupò il posto d'onore di anello mancante tra i vertebrati terrestri e i loro antenati acquatici. Ma c'era una caratteristica di questa creatura che non ricordava né i tetrapodi né i pesci: ognuno dei suoi arti terminava con un piede munito di otto dita, invece che cinque; le scoperte nel campo della biologia dello sviluppo hanno aiutato a risolvere in parte questi misteri, ma rimane da determinare come il piede a cinque dita si sia potuto evolvere da quello a otto dita di Acanthostega.
Uno dei ritrovamenti più spettacolari di tetrapodi fossili fu quello di Ventastega, un genere del tardo Devoniano proveniente dalla Lettonia.
Grazie a numerose altre recenti scoperte, abbiamo oggi a disposizione i resti di nove generi, corrispondenti a circa 20 milioni di anni nell'evoluzione dei primi tetrapodi, e abbiamo le idee più chiare riguardo al modo in cui il corpo dei vertebrati si è adattato alla vita sulla terraferma. Una delle rivelazioni più interessanti è che, come nel caso degli arti, molte delle innovazioni fondamentali sono avvenute mentre questi animali si trovavano ancora nell'acqua. I primi cambiamenti, inoltre, non sembrano essere stati determinati dalla locomozione, bensì da un'accresciuta dipendenza dall'aria come fonte di ossigeno.
Questo cambiamento nel tipo di respirazione potrebbe aver innescato la graduale trasformazione delle pinne pettorali che inizialmente erano forse orientate verso il retro dell'animale essendosi poi gradualmente trasformate in arti orientati verso l'esterno, aumentando l'area delle inserzioni dei muscoli e la propria forza; queste primitive zampe avrebbero consentito all'animale di alzare la testa fuori dall'acqua per respirare. E le dita avrebbero facilitato il movimento, distribuendo meglio il peso.
La respirazione con la testa fuori dall'acqua richiese alcune modifiche al cranio e alle mascelle. Nel cranio, il muso subì un allungamento, mentre le ossa che lo formavano diminuirono di numero e si congiunsero più saldamente. Questo rafforzamento delle mascelle rappresenterebbe un adattamento per potersi alimentare sulla terraferma.
Anche l'apparato branchiale subisce sostanziali modifiche, perdendo alcune ossa e aumentando le dimensioni dello spiracolo (un'apertura sulla sommità della testa), rendendo l'intera struttura più adatta a respirare l'aria.
Le modifiche subite dalla regione auricolare furono strettamente collegate con quelle subite dall'apparato branchiale. In particolare un osso denominato iomandibolare, che nei pesci dirige i movimenti durante l'alimentazione e la respirazione, si rimpicciolì, disponendosi in un foro sulla superficie del cranio e diventando la staffa.
Questo cambiamento nel tipo di respirazione potrebbe aver innescato la graduale trasformazione delle pinne pettorali che inizialmente erano forse orientate verso il retro dell'animale essendosi poi gradualmente trasformate in arti orientati verso l'esterno, aumentando l'area delle inserzioni dei muscoli e la propria forza; queste primitive zampe avrebbero consentito all'animale di alzare la testa fuori dall'acqua per respirare. E le dita avrebbero facilitato il movimento, distribuendo meglio il peso.
La respirazione con la testa fuori dall'acqua richiese alcune modifiche al cranio e alle mascelle. Nel cranio, il muso subì un allungamento, mentre le ossa che lo formavano diminuirono di numero e si congiunsero più saldamente. Questo rafforzamento delle mascelle rappresenterebbe un adattamento per potersi alimentare sulla terraferma.
Anche l'apparato branchiale subisce sostanziali modifiche, perdendo alcune ossa e aumentando le dimensioni dello spiracolo (un'apertura sulla sommità della testa), rendendo l'intera struttura più adatta a respirare l'aria.
Le modifiche subite dalla regione auricolare furono strettamente collegate con quelle subite dall'apparato branchiale. In particolare un osso denominato iomandibolare, che nei pesci dirige i movimenti durante l'alimentazione e la respirazione, si rimpicciolì, disponendosi in un foro sulla superficie del cranio e diventando la staffa.
I fossili rinvenuti nell'ultimo quarto di secolo ci hanno permesso di ricostruire molti dei cambiamenti avvenuti nello scheletro dei tetrapodi e hanno consentito di capire meglio i luoghi e i tempi dell'evoluzione di queste creature emerse tra i 380 e i 375 milioni di anni fa, alla fine del Devoniano intermedio. Erano diffusi su tutto il globo, estendendosi da quelle che oggi sono la Cina e l'Australia, fino agli Stati Uniti orientali, in cui sono stati trovati i fossili di un animale chiamato Hynerpeton. Collocando i siti dei ritrovamenti su una mappa paleogeografica, si può osservare che queste specie vivevano nell'area tropicale e subtropicale di un supercontinente composto dalla Laurasia a nord e dal Gondwana a sud.
All'interno di quest'area, i tetrapodi devoniani avevano colonizzato tipi di ambienti molto diversi. I giacimenti nella Groenlandia orientale in cui sono stati trovati i primi esemplari indicano che un tempo quest'area era un ampio bacino fluviale caratterizzato da inondazioni periodiche alternate a periodi più secchi.
I fossili di Ventastega e Tulerpeton sono stati invece rinvenuti in giacimenti derivanti da ambienti con diversa salinità.
© 2013 Un Naturalista sul Web. All rights reserved.
All'interno di quest'area, i tetrapodi devoniani avevano colonizzato tipi di ambienti molto diversi. I giacimenti nella Groenlandia orientale in cui sono stati trovati i primi esemplari indicano che un tempo quest'area era un ampio bacino fluviale caratterizzato da inondazioni periodiche alternate a periodi più secchi.
I fossili di Ventastega e Tulerpeton sono stati invece rinvenuti in giacimenti derivanti da ambienti con diversa salinità.
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